Smaltimento rifiuti: problema o opportunità?

smaltimento rifiutiOggi si fa un gran parlare di smaltimento rifiuti e del loro ciclo di gestione, vista anche la mala gestione perpetrata in molte zone della nostra Italia.

Partendo dalla considerazione che forse il metodo migliore di gestire rifiuti è il non produrne affatto, bisogna ragionare in maniera pragmatica: in definitiva anche nella Bibbia si trova traccia di una discarica (vedi Geenna)

Anche presupponendo che una buona raccolta differenziata, unita a provvedimenti amministrativi che limitino o scoraggino l’utilizzo di sostanze o materiali difficilmente smaltibili, venga correttamente applicata ci sarà sempre una parte di rifiuto da trattare.

Lo smaltimento rifiuti

Il rifiuto “domestico” (Rifiuto Solido Urbano) non può essere smaltito “tout court” ma va opportunamente trattato: va prima di tutto differenziato. L’output di questo processo è costituito da materiali riciclabili e materiali non riciclabili (di composizione organica e non organica, come le plastiche dure).

Come smaltire rifiuti non riciclabili? Ad oggi, oltre l’accumulo, si possono smaltire rifiuti non riciclabili bruciandoli dopo averli trattati e ridotti, si possono bruciare e basta attraverso l’utilizzo di inceneritori, oppure si può utilizzare il calore prodotto dalla combustione per produrre energia elettrica con i termovalorizzatori.

Si possono trattare i rifiuti non riciclabili anche attraverso processi di smaltimento con impianti di Pirolisi (in assenza di ossigeno) o di Gassificazione in presenza di una quantità di ossigeno inferiore alla quantità strettamente necessaria per ottenere una combustione completa (quantità sub-stechiometrica di ossigeno).


La termovalorizzazione

Qual è il combustibile utilizzato da un termovalorizzatore? lo smaltimento rifiuti di per se stesso produce materiale che non può essere bruciato; va prima opportunamente trattato per produrre il CDR (Combustibile Derivato dai Rifiuti). Il processo di termovalorizzazione risulta migliore quanto più omogenea è la composizione del CDR in termini di potere calorifero e combustibilità.

Come di produce il CDR?

Il CDR viene prodotto innanzi tutto separando la frazione umida da quella non combustibile (vetro e metalli vari); questa viene poi ridotta a balle omogenee contenenti materiali non riciclabili (che altrimenti dovrebbero essere accumulati in una qualche discarica). Queste ecoballe sono formate da materiali plastici termoindurenti (non riciclabili come l’altra plastica) e altre materie e sono prodotte dai sistemi di TMB – Trattamento meccanico biologico).

La produzione di CDR (di norma in ecoballe) è ovviamente regolata da apposita normativa al fine di ridurre al minimo la presenza di sostanze che porterebbero alla formazione di inquinanti difficilmente smaltibili a loro volta.

Emissioni inquinanti

Le emissioni inquinanti residuo del processo di incenerimento o termovalorizzazione si suddividono in:

  • Macroinquinanti – presenti in quantità dell’ordine dei mg/Nm3 o superiori
  • Microinquinanti – presenti in quantità dell’ordine dei µg/Nm3 od inferiori

Per quanto riguarda i macroinquinanti, si rilevano tra le specie interessate principalmente le seguenti: SOxNOxCOpolveriHCl ed HF.

Le specie che compongono i microinquinanti sono invece principalmente le seguenti: composti organici volantiIPA (idrocarburi policiclici aromatici), diossine (isomeri di policlorodibenzodiossine – PCDD), furani (isomeri di policlorodibenzofurani – PCDF), metalli pesanti (nichel, piombo, cadmio, mercurio, cromo, ecc.). (Fonte: Termovalorizzatori: emissioni inquinanti e limiti di legge – Quotidiano.net)

Tra i microinquinanti sono presenti molti metalli che possono essere ridotti selezionando più accuratamente il rifiuto alla fonte. Anche gli ossidi di zolfo ed i macroinquinanti possono essere ridotti selezionando meglio sia rifiuto che combustibile.

Dette emissioni sono precisamente regolate dal D.Lgs.133/2005:

Emissioni espresse in mg/Nm3

  • Polveri: 10
  • Acido Cloridrico – HCl: 10
  • Ossidi di Azoto – NOx: 200
  • Monossido di carbonio – CO: 50
  • Acido Fluoridrico – HF: 1
  • Carbonio Organico Totale: 10
  • Somma Metalli: 0.5
  • Idrocarburi Policiclici Aromatici – IPA: 0.01
  • Diossine e Furani (ngFTE/Nm3): 0.1
  • Cadmio e Tallio: 0.05
  • Mercurio: 0.05

Negli impianti moderni di smaltimento rifiuti le emissioni inquinanti non arrivano mediamente al 15% – 20% dei limiti di legge.

La Pirolisi

La Pirolisi, aka Piroscissione, è un processo che avviene in assenza di ossigeno nel quale si degrada il materiale organico.

Tale processo si smaltimento rifiuti avviene essenzialmente fornendo del calore al materiale da trattare, in modo da fornire l’energia necessaria per rompere alcuni legami chimici all’interno delle molecole complesse e trasformarle in molecole meno complesse.

Durante lo smaltimento rifiuti mediante Pirolisi, la mancanza di ossigeno permette di impedire reazioni di ossidazione, da qui la differenza con il normale processo di combustione.

Questo processo porta come risultato alla produzione di due differenti prodotti:

  • una frazione solida indicata con il termine Char
  • una frazione volatile, la quale a sua volta si suddivide in:
    • una componente liquida, dovuta alla condensazione della frazione volatile dei prodotti
    • una componente gassosa, detta gas di pirolisi o Syngas (gas di sintesi) costituita dalle componenti non condensabili della frazione volatile dei prodotti

Campi di applicazione della Pirolisi

Gli impieghi più moderni la vedono candidata allo smaltimento rifiuti ed alla produzione di combustibili di derivazione vegetale, ovvero i cosiddetti “Biocombustibili“.

Lo smaltimento rifiuti risulta uno dei campi di applicazione più interessanti per questo tipo di impianti in quanto permette di operare con emissioni inquinanti estremamente contenute ed in totale assenza delle  diossine, poiché le temperature operative dell’impianto sono tali da non permetterne la loro formazione.

 2 Esempi di trattamento a Pirolisi

Un esempio di impianto di pirolisi applicato allo smaltimento rifiuti è quello installato a Burgau (Germania), impianto realizzato tra il 1983 ed il 1984 al fine di trattare varie tipologie di materiali, in particolare:

Smaltimento rifiuti - Pirolisi Burgau

  • rifiuti domestici
  • rifiuti industriali assimilabili a rifiuti domestici
  • rifiuti ingombranti
  • grandi quantità di fanghi di acque reflue

Per quanto riguarda le caratteristiche dei rifiuti ed il bacino di interesse dell’impianto, i dati sono i seguenti:

  • Estensione: 762 km2
  • Numero di abitanti: 120.000
  • Quantità di rifiuti smaltiti 35.000 Ton/a
  • Potere calorifico medio dei rifiuti: 8.500 kJ/kg
  • Potere calorifico massimo dei rifiuti: 10.000 kJ/kg
  • Potere calorifico minimo dei rifiuti: 5.000 kJ/kg
  • Composizione media dei rifiuti: 25% umidità – 30% incombustibile - 45% organico

Le emissioni rilevate in continuo in termini di valore medio annuo (riferite al 1997) sono state le seguenti (tra parentesi i limiti normativi normalizzati a 0°C, 1013 mbar e 11% O2):

  • Polveri: 1.8 mg/m3 (10 mg/m3)  82% sotto il limite di legge
  • Acido cloridrico – HCl: 5,5 mg/m3 (10 mg/m3) 55% sotto il limite di legge
  • Anidride solforosa – SO2: 8,0 mg/m(50 mg/m3) 84% sotto il limite di legge

Come si può notare, le emissioni sono state notevolmente inferiori ai limiti normativi, ed inferiori sono anche le emissioni di altre sostanze inquinanti non misurabili in continuo, quali i metalli, le diossine, ecc., le quali si attestano tra valori pari a 1,2 – 1,3% rispetto al limite ammesso.

Per quanto riguarda la combustione del pyrogas, utilizzato per il riscaldamento dei forni, essendo questo molto simile al gas naturale, si ha un contributo alle emissioni piuttosto contenuto.

Smaltimento rifiuti - Pirolisi Hamm-UentropRispetto al precedente impianto, nato con lo scopo principale di massimizzare  lo smaltimento dei rifiuti, l’impianto di Hamm-Uentrop prevede lo sfruttamento dell’energia termica prodotta nel sistema per la produzione di energia elettrica.

Tale impianto è sostanzialmente analogo a quello di Burgau, ovvero è dotato di due forni di pirolisi a tamburo rotante da 13.300kg/h di capacità (per un trattamento annuo pari a 100.000 t/h) nei quali vengono trattati rifiuti quali RSU differenziati (al contrario dell’impianto di Burgau), rifiuti industriali e commerciali anch’essi differenziati, oltre che residui dalla demolizione delle automobili.

Tali materiali presentano un elevato potere calorifico (18.100 kJ/Kg) e permettono  di produrre 7.200 Nm3/h di pyrogas utilizzato per il processo di riscaldamento dei forni e per la produzione di vapore (unitamente alla combustione del pyrocoke, ovvero il char prodotto nell’impianto) per una potenza termica netta di circa 260 GJ/h che viene convertita in energia elettrica in una turbina a vapore.

La Gassificazione

La gassificazione, analogamente alla pirolisi, è un processo di degradazione termochimica attraverso il quale del materiale di natura organica, in presenza di una quantità di ossigeno sub-stechiometrica (ovvero inferiore alla quantità strettamente necessaria per ottenere una combustione completa) subisce una trasformazione generando principalmente un gas di sintesi (il cosiddetto Syngas) e da ceneri.

Tale processo avviene mediante riscaldamento a temperature superiori rispetto a quelle impiegate nella pirolisi, ovvero a temperature in genere comprese tra 700 ed 800°C e produce come detto sopra un gas suddivisibile in due componenti: Char e Tar.

Il Char rappresenta la frazione del gas composta principalmente da metano e monossido di carbonio, e rappresenta la “frazione utile” dello stesso, mentre il Tar è composto da residui carboniosi, idrocarburi aromatici catramosi ed anidride carbonica.

La percentuale delle due specie nel gas prodotto dalla gassificazione dipende dalle caratteristiche del processo, ma appare evidente come sia importante massimizzare la frazione di Char a scapito del Tar.

Analogamente al processo di pirolisi, la gassificazione intesa come processo ha lo scopo principale di produrre il gas di sintesi dal trattamento di materiali generalmente solidi, pertanto si presenta più come un processo preliminare o parte di un processo più completo (termovalorizzazione) piuttosto che di un processo fine a se stesso.

A tale riguardo è importante evidenziare come  un’importante applicazione dei gassificatori ne prevede l’impiego combinato con un Impianto Termoelettrico a Ciclo Combinato, andando a realizzare un impianto IGCC – Integrated Gasification Combined Cycle, nel quale è possibile utilizzare un combustibile non gassoso (come il carbone, oppure residui pesanti di raffineria, ecc.) e produrre attraverso la gassificazione il gas che andrà poi ad alimentare l’impianto a ciclo combinato vero e proprio, permettendo di ottenere una conversione più efficiente dell’energia chimica in energia elettrica grazie all’elevata efficienza conseguibile con gli impianti a ciclo combinato.

 Smaltimento rifiuti  – Confronto fra Pirolisi, Gassificazione e Termovalorizzazione

Sia la pirolisi che la gassificazione non sono metodologie direttamente impiegabili per la produzione di energia ma, a partire da un combustibile organico, ne permettono la trasformazione in un altro combustibile gassoso liquido (Gassificazione) o solido (Pirolisi); questo poi può venire impiegato per diversi usi, tra cui la  combustione in loco (termovalorizzazione).
In questo modo si possono raffrontare direttamente alla termovalorizzazione tout court così analizzare il ciclo di trasformazione dall’alfa all’omega.

Confrontiamo le emissioni, in particolare, considerando come parametri comuni la portata di rifiuti in ingresso e la loro composizione, in modo da utilizzare come parametro discriminante il Potere Calorifico Inferiore del RSU.
Partendo da tale valore ed impiegando dei codici di simulazione, si possono svolgere i vari confronti (esempio tratto da una pubblicazione dell’Università di Firenze):

  • Portata Rifiuti – Frazione Combustibile: 9.538 kg/h
  • Potere Calorifico Inferiore: 12.201 kJ/kg

Attraverso la simulazione, ovviamente fortemente influenzata dai parametri impostati, pertanto da valutare in questo caso solo a livello indicativo, si ottengono i seguenti rendimenti:

  • Termovalorizzazione: 23%
  • Pirolisi: 28%
  • Gassificazione: 17%

Da tale dato si rileva come il processo di pirolisi presenti delle potenzialità interessanti quale sistema per il trattamento dei rifiuti rispetto al sistema classico della termovalorizzazione, anche se dal punto di vista delle emissioni il confronto risulta più complesso in quanto i risultati variano in funzione delle singole specie chimiche.
Riferendosi principalmente alle emissioni di diossine e di polveri sottili, la pirolisi permette emissioni estremamente ridotte rispetto alle altre due tecnologie, essendo sostanzialmente assenti le prime e ridotte rispetto alle altre due tecnologie le seconde, mentre dal punto i vista di altre specie inquinanti (CO e CO2 per esempio) i termovalorizzatori permettono migliori risultati.
Dall’altra parte bisogna tenere in considerazione che la tecnologia di termovalorizzazione si presta maggiormente ad operare su impianti di potenza più elevata, rendendosi più adatta a contesti nei quali sia necessaria una potenzialità di trattamento del rifiuto particolarmente elevata, mentre la gassificazione, e soprattutto la pirolisi, sono più adatte in contesti piccoli o distribuiti. (Fonte: Trattamento dei rifiuti – Confronto tra Pirolisi, Gassificazione, Termovalorizzazione – Quotidiano.net)

Smaltimento rifiuti senza combustione: TMB

Il TMB è un processo senza combustione, quindi a freddo, e si basa su attività meccaniche e biologiche per produrre un prodotto finale.
Consiste in una serie di attività e processi automatici e controllati che separano i differenti materiali  per separare la frazione organica da quella non organica.
In una fase successiva si trattano i rifiuti veri e propri: la parte organica viene trattata anaerobicamente (quindi senza aria e/o ossigeno) mentre il resto viene mandato al riciclaggio o in discarica (oppure ridotto in CDR – Ecoballe).
La frazione organica consiste praticamente nella parte umida del rifiuto (se già non viene separata alla fonte per altri scopi, tipo il compostaggio), nella frazione costituita da carta e cartone e da altri rifiuti come il legno.
A seconda della differente fermescibilità (capacità di fermentazione) la parte organica può essere usata per la produzione di biogas, come compost o come fertilizzante oppure per produrre CDR di natura biologica (in caso di contentuto energetico sufficiente).
La parte non organica è formata da metalli, vetro e altre sostanze.
Per la plastica vale un discorso a parte: nel TMB la termoplastica (PET) viene destinata al riciclaggio mentre la termoindurente va gestita in maniera diversa (conferimento).

Considerazioni finali sulle tecnologie di smaltimento rifiuti

Il TMB ha come scopo la produzione di sottoprodotti utilizzabili in differenti contesti, senza prevedere al suo interno una chiusura del ciclo dei rifiuti, come del resto avviene negli impianti di Pirolisi e di Gassificazione, che producono dei sottoprodotti combustibili che vengono inviati ad altri impianti per il loro impiego, oppure utilizzati sul posto mediante l’accoppiamento degli impianti con dei tradizionali impianti termoelettrici (magari meglio dimensionati).

Quindi, riassumendo, sembra che la soluzione più razionale e meno impattante a livello ambientale sia al momento quella che prevede l’uso del TMB per avere un rifiuto trattato che può essere poi inviato ad un impianto di Pirolisi per generare biogas da bruciare grazie ad un turbogas tutto nello stesso luogo.

Per quanto concerne i costi e l’impatto visivo non mi sbilancio non conoscendo a fondo tali tipi di impianto.

Fonte: Appunti Digitali – Quotidiano.net

Rifiuti solidi. Progettazione e gestione di impianti per il trattamento e lo smaltimento

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