Articolo 18 solo in due casi. Continua la discussione sul Jobs Act

articolo 18

Ieri si è tenuta la direzione del PD dove si è discusso (ancora) dell’articolo 18.

Qui un articolo del Sole24ore dove potete leggere la cronaca di quanto si è discusso, votato e deciso.

In sintesi

La posizione è quella di superare l’articolo 18, mantenendo il reintegro per i licenziamenti di carattere discriminatorio e disciplinare.

Verranno liberati: 1 miliardo di Euro per allargare le maglie del patto di stabilità, 2 miliardi da tagli al costo del lavoro e si lavorerà per inserire parte del TFR nelle buste paga dal 2015, 1,5 miliardi per i nuovi ammortizzatori sociali.

Dovrebbe poi essere introdotta una disciplina per il licenziamenti economici che andrebbe a sostituire l provvedimento giudiziario direttamente con un indennizzo economico al fine di ridurre l’incertezza del provvedimento giudiziario.

Queste sono le basi su cui poggia il tentativo di mediazione tra Renzi e la minoranza del PD. I risultati alla fine della conta sono stati:

  • 130 SI (Renzi e Giovani Turchi)
  • 11 Astenuti (Roberto Speranza)
  • 20 NO (D’Alema, Bersani, Civati)


Alcuni passi salienti di quanto dichiarato da Renzi:

“Costruiamo un nuovo Welfare, votiamo una posizione chiara sulla riforma del lavoro, le mediazioni vanno bene, ma non si fanno a tutti i costi i compromessi”;
“Alla fine si vota allo stesso modo in Parlamento, questa per me è la stella polare”;
“Riformare il diritto del lavoro è sacrosanto. E a chi mi dice che eliminando l’articolo 18 togliamo un diritto costituzionale, rispondo che il diritto costituzionale non sta nell’articolo 18, ma nell’avere almeno un lavoro”;
“Lasciando ai giudici le decisioni sul licenziamento aumentiamo il contenzioso e non difendiamo i lavoratori”;

Le dichiarazioni dell’opposizione interna:

 “Quella norma ha avuto effetto di deterrenza, se la togli indebolisci il lavoratore che avrà più difficoltò a dimostrare la discriminazione. E togliere a un giudice la possibilità di intervenire non produrrebbe un beneficio nella nostra economia», ma una lesione costituzionale” (Cuperlo);
“Attenzione a dire che l’art.18 è simbolico, non vale niente. Per 8 milioni di persone conta qualcosa nel rapporto di forza e per chi si dice di sinistra è una questione di principio: dice che non è tutto monetizzabile” (Bersani).

Come funziona all’estero?

A questo Link, potrete trovare un’interessante infografica comparativa sulle regole di licenziamento in Europa:articolo 18 - regole per licenziare in Europa

Come potrete accertare, c’è una grande frammentazione all’interno dell’Unione Europea sulle regole di licenziamento. Le differenze sono abbastanza sostanziali tra diversi paesi. Sono comunque previste diverse fattispecie: alcune sono accertabili mediante provvedimento giudiziario, altre si gestiscono direttamente con specifiche norme.

Articolo 18 è un solo un totem?

L’articolo 18 è solo un totem o rappresenta effettivamente una garanzia per il lavoratore e per il mercato del lavoro in genere?

Effettivamente, e non solo ultimamente, si parla molto di “rigidità del mercato del lavoro in Italia” di difficoltà nello sviluppo di serie e incisive politiche occupazionali e della difficoltà di ingresso di capitali stranieri proprio per l’incertezza della norma che regola i licenziamenti nel nostro Paese.

articolo-18-regoleInnanzi tutto c’è da dire che l’articolo 18 alla fine interessa solo il 57% dei lavoratori dipendenti (circa 6,5 milioni di persone) sul 100% dei lavoratori che pesa circa 23 milioni di individui. (Fonte ISTAT 2012)

Quindi possiamo affermare che l’articolo 18 interessa potenzialmente solo il 28% della forza lavoro occupata in Italia.

Va anche considerato che circa 3,5 milioni sono dipendenti pubblici (maggiormente impattati da modifiche all’articolo 18).

A me sembra che l’articolo 18 venga concepito dalle forze sindacali come uno strumento, come unica concezione possibile della soluzione del conflitto tra capitale/impresa e classe operaia.

Questa visione nel tempo ha portato le imprese estere a considerare l’Italia come il paese dove il fare impresa è subordinato a decisioni giudiziarie non sempre imparziali.

Buona parte di responsabilità è da attribuirsi a Sindacati che difendono l’indifendibile pur di continuare ad affermare la dicotomia padrone-lavoratore e di identificare il primo come nemico “tout court”. Il tutto si concretizza in una continua quanto sterile organizzazione dello scontro per il reintegro. Invece i Sindacati dovrebbero occuparsi di contrattazione, sviluppo del lavoro e miglioramento delle condizioni sociali dei rappresentati.

Concludendo, credo si debba raggiungere una mediazione tra Governo e forze sindacali al fine di costruire non tanto un’alternativa all’articolo 18 (che ritengo effettivamente un totem e quindi rimpiazzabile con una norma più moderna e flessibile) quanto, piuttosto, un nuovo modello di mercato del lavoro. Un nuovo modello che sia più flessibile e che garantisca un livello base di tutele per TUTTI i lavoratori e che non tenga in piedi l’attuale scenario fatto di lavoratori di serie A e di serie B. Un nuovo modello di ammortizzatori sociali che permetta, a fronte dell’uscita del lavoratore, la sua continua formazione ed il suo corretto replacement.

Spero si sia finalmente sulla giusta strada.

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