Già allora si insultava “allegramente” in rete.
Ho usato volutamente l’avverbio sopra perché, in un certo qual modo, gli insulti online erano confinati in alcuni ambienti: chat, forum, newsgroups (praticamente oggi scomparsi). In buona sintesi, se entravi dentro la chat di Radio DeeJay o postavi su it.discussioni.litigi o alt.fan.starwars sapevi a cosa andavi incontro.
Man mano che Internet si è popolata di ogni genere di navigatore (prima eravamo pochi e molto molto nerd) e sono aumentate le piattaforme disponibili (forum, bullettin board) sono aumenti naturalmente anche i flame densi di insulti, ingiurie, diffamazioni varie.
Con l’avvento dei social network la situazione è decisamente precipitata: gli insulti sono all’ordine del giorno!
Posti qualcosa che non piace? Ti insulto gratuitamente. Non sei d’accordo con me? Ti do pubblicamente del cretino. La professoressa ti da un voto cattivo? E’ automaticamente una donna di malaffare.
Credo si sia passando il segno. Forse perché a me gli insulti non piacciono nella vita reale, figuriamoci su internet dove possono essere letti potenzialmente da centinaia di persone. In questo caso si tratta di “diffamazione”.
Diffamazione
fattispecie regolata dal Codice Penale nell’art. 595:
“Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 1032.
Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a euro 2065.
Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore ad euro 516.
Se l’offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza, o ad una Autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate.”.
La norma, con un parziale rinvio al delitto di ingiuria previsto dall’articolo 594 del codice penale, punisce chi, comunicando con più persone, offende l’onore o il decoro di una persona non presente. Tre sono, dunque, gli elementi necessari perché si possa configurare il delitto in esame: l’offesa all’onore o al decoro di taluno, la comunicazione con più persone e, infine, l’assenza della persona offesa.
L’assenza del soggetto passivo si deduce dall’inciso fuori dei casi indicati nell’articolo precedente (che si riferisce all’ingiuria).
Per aversi comunicazione con più persone è necessario e sufficiente che la comunicazione avvenga con almeno due persone, tra le quali non vanno tuttavia compresi gli eventuali concorrenti nel reato. È opinione prevalente in dottrina che la comunicazione diffamatoria possa avvenire a soggetti diversi anche in tempi differenti, consumandosi in tal caso il reato nel momento della comunicazione alla seconda persona. Da cui si deduce che sussiste il reato di diffamazione quando sia esposto il fatto soggettivamente; allora è diffamazione.
Ingiuria
Fattispecie regolata dal Codice Penale nell’art. 594:
“Chiunque offende l’onore o il decoro di una persona presente è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino ad euro 516.
Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa.
La pena è della reclusione fino ad un anno o della multa fino ad euro 1.032, se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato.
Le pene sono aumentate qualora l’offesa sia commessa in presenza di più persone.”.
La fattispecie fa parte dei delitti contro l’onore, un gruppo di reati classificati al Capo II del codice penale italiano (artt. 594-599) per la comune caratteristica di offendere attingendo il valore sociale della persona offesa.
La condotta tipica del delitto di ingiuria, descritta dal primo comma della norma, consiste nell’offesa all’onore o al decoro di una persona presente. Due sono dunque i requisiti per la configurazione del delitto di ingiuria: l’offesa all’onore o al decoro e la presenza della persona offesa. Quest’ultimo elemento è anche il discrimine con il successivo delitto di diffamazione.
Il secondo comma dell’articolo 594 c.p. estende la punibilità anche alle offese trasmesse con comunicazioni a distanza.
Insulti su Facebook sono diffamazione
oggi sul sole24ore ho letto un interessante articolo che recita: “Gli insulti su Facebook, anche se indirizzati a una persona di cui non viene fatto il nome e letti da una cerchia ristretta di iscritti, possono portare ad una condanna per diffamazione.”.
Già questo dovrebbe bastare a far ragionare più di una persona impulsiva e, magari, a farla desistere dall’insultare qualcuno per non incorrere nella fattispecie dell’art. 595 c.p. come confermato dalla sentenza 16712 della Corte Costituzionale che, tra l’altro, ha specificato:
“il reato di diffamazione non richiede il dolo specifico” ma la “consapevolezza di pronunciare una frase lesiva dell’altrui reputazione e la volontà che la frase venga a conoscenza anche soltanto di due persone”.
Un caso di denuncia per insulti su web
Un altro interessante caso è citato nell’articolo su tema su “Città di Genova” del 27 settembre 2014:
Insulti all’assessore sul web, Montaldo ritira la querela. Nove persone erano state indagate, il genovese: “Si sono scusati e ho rimesso la denuncia.”.
Nello specifico, 8 uomini e una donna, adulti dai 40 ai 65 anni, erano stati tutti indagati dopo la denuncia presentata da Claudio Montaldo. Su un forum erano apparsi insulti che Montaldo aveva ritenuto lesivi del suo onore e della sua reputazione. Il procedimento è ora stato archiviato dal pm genovese Patrizia Petruzziello a seguito del ritiro della denuncia.
“Essere insultati e magari minacciati attraverso Internet non fa piacere, un conto è il sacrosanto diritto di critica, il confronto che rende sano qualsiasi dialogo (anche politico), un conto è l’offesa, scritta solitamente perché ci si sente protetti da schermo e tastiera”, il commento di Montaldo sul proprio sito. Avevo così sporto querela e il pm aveva inviato loro la comunicazione di fine indagini. Gli interessati hanno inviato le scuse formali e di conseguenza ho subito rimesso la querela, chiedendo però ai nove di versare una quota simbolica in beneficenza. Mi auguro che questa esperienza possa servire a tutti”.
Considerazioni personali
Trovo che il fenomeno in esame, come già ho anticipato, stia assumendo caratteri e dimensioni ormai scarsamente gestibili. Credo, anzi, che troppo poco si stia facendo per incoraggiare chi viene leso ad agire per esercitare il proprio diritto.
Non so voi, ma io trovo veramente “strano” vedere persone comportarsi normalmente nella vita di tutti i giorni e diventare “Mr Hide” davanti ad uno schermo: insulti a gogo e diffamazione che, dalla parte di chi la esercita, viene considerata assolutamente normale.
Voi cosa ne pensate? Sono io ad essere anormale e anacronistico nel pretendere e avere rispetto?
Diffamazione a mezzo stampa e risarcimento del danno. Online, blog e social forum