Astensionismo e la leadership di Renzi

Prendo spunto da un articolo di Ivan Scalfarotto letto oggi su ilpost.it che parla di astensionismo e della parabola discendente di Renzi dopo i risultati dell’ultima tornata elettorale in Italia.

Oggi buona parte dell’opinione pubblica mette in relazione il vertiginoso aumento di coloro che sono entrati a far parte del partito del “non voto” con il calo della leadership del Segretario PD e Primo Ministro.

Onestamente faccio fatica a riconoscermi in questa visione. Certo, va detto che i giornali dovranno pur inventarsi qualcosa di cui parlare visto il vuoto della politica italiana a parte le sedute parlamentari per discutere delle riforme di cui l’Italia avrebbe veramente bisogno. Per quanto mi riguarda, anziché parlare di percentuali, astensionismo, voto, Salvini, Renzi, etc., i giornali dovrebbero parlare di riforme, di quello di cui veramente l’Italia ha bisogno:

  • riforma elettorale;
  • riforma della giustizia;
  • rilancio della Pubblica Istruzione;
  • riforma dei contratti di lavoro;
  • etc.

Cosa dicono invece i giornali in Italia? Dicono che Renzi sta perdendo, che è finito.

Astensionismo significa fine di Renzi e del PD?

Farei fatica ad affermarlo, dopo che il PD ha praticamente stravinto alle Europee prima e alle regionali in Emilia-Romagna ed in Calabria poi. Anzi, se continua così, il PD vincerà praticamente in ogni regione che non sia un feudo del pensiero di centro-destra (vedi Veneto, etc.).

Certo che continuerà a vincere, è ovvio. Se il M5S è diventato praticamente una parodia migliore di qualsiasi battuta di Grillo, se gli argomenti presentati da Salvini & Co. sono ogni giorni più radicali e violenti, se Berlusconi è drammaticamente finito cosa volete che faccia la gente? Cosa volete che voti? O l’unica forza rimasta in piedi e che sta provando a fare qualcosa per il Paese, checché se ne dica, o semplicemente nessuno. Un bipolarismo perfetto: o Renzi o astensionismo.

Badate bene: non sto dicendo che ne sono felice. Trovo che il non avere un’opposizione seria, che non siano i deliri anti-europeisti violenti di Salvini, i gattini di Civati & Co. o il nulla dei Grillini, rappresenti un grave impoverimento per la Democrazia.

L’astensionismo è la prossima catastrofe?

Il grafico qui sotto (fonte Wikipedia) ci dice che il fenomeno dell’astensionismo è andato crescendo in Italia a partire dagli anni settanta quando forse con la “questione morale” messa in luce nel 1977 da Enrico Berlinguer si cominciò a denunciare la corruzione dei partiti politici.

astensionismo repubblica italiana
Per le elezioni viene considerato l’astensionismo degli elettori alla Camera dei deputati.
“L’astensionismo aumenta alla fine degli anni ’70 anche in coincidenza della nascita di un maggior numero di partiti che, per la necessità di vincere le elezioni, si adattano alla formazione di cartelli elettorali talora eterogenei col risultato di aumentare la sfiducia degli elettori. Se però con la sfiducia aumenta, negli anni ’80 e ’90, la decisione di non andare a votare, questa secondo alcuni politologi, è anche significativa di una maggiore razionalizzazione dell’espressione del voto. Mentre prima ci si sentiva legati alle ideologie dei partiti ora alla mancanza della loyalty (fedeltà) nei loro confronti si associa un aumento della exit (uscita), del non voto, con una crescita della voice, della protesta nei confronti di chi ha deluso certe attese magari rivolgendosi a formazioni politiche che fanno professione di rifiuto del sistema partitico.” (Hirschman, A.O. Exit, Voice and Loyalty, Harvard University Press, 1970.)
 

Addirittura gli opinionisti nostrani sono riusciti ad omologare i non votanti che, per scelta, non si vogliono immedesimare in nessuna formazione politica, ad un vero e proprio partito: quello dell’astensionismo.

Comunque, tornando a noi, il problema non è certo Renzi. Se così fosse, basterebbe attenderne l’uscita di scena e tutto migliorerebbe. Ma così non è:

  1. perché in Italia l’astensionismo è quasi ormai fisiologico, tant’è che l’Italia è al primo posto in Europa in quanto a non partecipazione al voto (Il voto di chi non vota, in Mussino, A. (a cura di) Le nuove forme di astensionismo elettorale, Roma, La sapienza,1999, pp. 49-50.);
  2. la politica, il concetto di rappresentanza come lo conosciamo è in crisi: monta ogni giorno di più il pensiero che la politica, la collettività non possano “risolvere” i nostri problemi individuali. Quindi la crisi economica, che ormai dura da anni, ha portato gli elettori a credere che i politici (visti ormai come alieni) e le decisioni collettive non possano risolvere i nostri problemi.

Quindi dire che l’astensionismo all’ultima tornata elettorale rappresenta il “de profundis” di Renzi mi sembra una baggianata pressoché totale.

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